Malattie delle api: le più comuni e l’alimentazione come cura

   

Malattie delle api: le più comuni e l’alimentazione come cura

Se c’è qualcosa che non va nelle nostre api, possiamo accorgercene solo se ne conosciamo bene la loro biologia, e di riflesso, anche la biologia dei loro patogeni.

Malattie delle api: le più comuni e l’alimentazione come cura

Le api creano nell’alveare una sorta di micro mondo o di piccolo ecosistema, dove, grazie alle loro gerarchie, le api riescono a mantenere il loro ambiente perfettamente in equilibrio.

Quest’equilibrio però può essere compromesso da diversi fattori, che vanno dall’uso di pesticidi ai cambiamenti climatici fino ad arrivare alle malattie dovute a virus, batteri, parassiti o muffe che alterano lo stato di salute delle api e di conseguenza il loro ciclo di vita ed il benessere generale dell’alveare.

Le malattie delle api possono essere anche conseguenza dei cambiamenti climatici ed i danni subiti dalle api possono colpire sia le api selvatiche sia quelle destinate alla produzione del miele. Se c’è qualcosa che non va nelle nostre api, possiamo accorgercene solo se ne conosciamo bene la loro biologia, e di riflesso, anche la biologia dei loro patogeni.

Malattie delle api, le più comuni sono:

  • Peste americana: causata dalle spore del batterio Paenibacillus Larvae, è una malattia della covata che resta asintomatica fino ad uno stadio relativamente avanzato dell’infezione; può colpire l’alveare nel periodo da aprile ad ottobre e si può diagnosticare sul campo a causa di una covata irregolare, con opercoli scuri depressi e forati ed un caratteristico odore emanato dall’arnia,dovuto alla morte delle larve. Altrettanto pericolosa è la peste europea, meno maleodorante dell’americana.
  • Varroa: Malattia endemica delle api, è un acaro parassita che vive sopra le api.
  • Micosi: sono muffe che colpiscono il nido, i cui effetti si ripercuotono sulla larva che si pietrifica e cambia colore (spesso si presenta bianca, a volte nera). E’ causata da Inverni rigidi e umidi.
  • Nosema o mal di pancia delle api, può infettare l’arnia in seguito alla varroa. Si sviluppano in inverno o in primavera in famiglie deboli o già indebolite dalla varroa, con api che presentano tremore, incapacità di volare, diarrea evidente e maleodorante.
  • Scarafaggi, come l’ Aethina Tumida che infestano l’alveare danneggiandolo su tutti i livelli: le larve infatti scavano tunnel, si insinuano nei favi, mangiano la covata, danneggiano il miele immagazzinato e infine o distruggono le colonie infestate o causano il loro abbandono dell’alveare.
  • Tarma della cera, che si sviluppa per lo più nei favi da covata Mangia la cera all’interno dell’arnia e può diffondersi da Aprile/Maggio a seconda delle zone. La conservazione dei telai in luoghi freddi permette di eliminare la tarma in tutti i suoi stadi.

La cura della postazione protegge la salute dell’alveare

Uno dei fattori scatenanti di queste malattie è sicuramente legato allo stress alimentare: il flusso nettarifero stimola anche un comportamento igienico delle api, che puliscono e liberano le celle da sole. Un certo ristagno favorisce il mantenimento nell’ alveare materiale contaminato. Quindi chi cura le api deve sempre verificare l’alimentazione dell’alveare, durante l’intero anno.

Una buona postazione deve fornire un clima salubre e senza estremi, che permetta alle api di non commettere sforzi per riscaldare o raffreddare l’alveare (mantenendo quindi il glomere invernale in modo ottimale, così che tutte le api riescano a scambiarsi all’interno dell’arnia la posizione e raggiungendo così facilmente le provviste), che abbia inoltre un buon grado di umidità; deve inoltre avere acqua non inquinata per mantenere l’alveare fresco d’estate e sciogliere il miele immagazzinato nei mesi freddi, oltre che per avere un livello di umidità tale da favorire un buono sviluppo della covata.

Alimentazione per curare l’alveare: polline, miele e candito

Una buona postazione è quindi necessaria per la salute degli alveari, specie se riesce a fornire un’alimentazione varia, costante e ricca, come in questo periodo. L’ideale è che ci siano sorgenti di polline di varie specie, così da variare il contenuto proteico; sono sconsigliati il castagno, il girasole o l’erba medica da proporre insieme, poiché sono considerate da un punto di vista nutrizionale pollini “poveri” per le api.

Si deve porre anche un’attenzione particolare per il tipo di miele: alcuni mieli scuri come la melata o mieli particolarmente ricchi di sali minerali, sono più difficili da digerire e non costituiscono le scorte ideali per l’inverno.

La scarsità di polline autunnale (o il sorgere di condizioni che ne rendono impossibile farne riserva) determina delle carenze che possono rivelarsi nel tempo, quando le api, una volta esaurite le scorte dell’alveare, attingeranno alle proprie riserve corporee, allo scopo di produrre nutrimento per le larve.

In situazioni potenzialmente critiche, l’alimentazione può consistere in un flusso nettarifero artificiale: ad esempio in zone fredde o di montagna o con la fine dell’estate, un’abbondante  ed idonea nutrizione autunnale di candito per api può aiutarle a superare meglio l’inverno e ridurre il rischio di malattie e non di nutrirsi del loro stesso miele.

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